Mohamed è arrivato in sicurezza in Europa a maggio. Ora, abbiamo tenuto una nuova intervista con lui. E questa volta gli è stato permesso di finire quello che voleva dire!
Data: 27 Settembre 2019
Articolo originale di Giovanni Gaetani
Traduzione: Mattia Massaro
Nel febbraio 2018 il volto di Mohamed Hisham diventò virale online. Definito “ateo rimproverato in diretta TV”, Mohamed è stato espulso dal programma televisivo perché disse di non credere in Dio. Dopo quella apparizione, la sua vita cambia radicalmente.
Un anno e mezzo dopo abbiamo invitato Mohamed a rilasciare una nuova intervista, e questa volta gli è stato permesso di parlare senza essere interrotto o buttato fuori…
L’intervista del 2018
Il video di un ateo condannato e cacciato da un’intervista per aver parlato di ateismo – l’argomento stesso di cui era stato invitato a discutere – è diventato virale nel 2018. Il protagonista, Mohamed Hisham, in seguito ci avrebbe detto che fu un “esperienza traumatica” che ha visto il video solo una volta dopo quel giorno, e non ha mai voluto guardarlo di nuovo.
Era l’11 febbraio 2018. Mohamed è stato invitato a uno spettacolo televisivo chiamato “Egyptian Street” per discutere del suo ateismo con un imam. Tuttavia, non ci fu una vera “discussione”. Mohamed ebbe a malapena il tempo di dire che non credeva in Dio quando il conduttore lo interruppe e iniziò ad inveire contro di lui, invitandolo a vedere uno psichiatra e buttandolo fuori dallo spettacolo.
“Perdono il conduttore”
Un anno dopo, durante la nostra intervista , Mohamed trova la carità di perdonare il comportamento del conduttore:
«Vorrei scusare il conduttore, la situazione avrebbe portato il pubblico televisivo a pensare: “Perché dare a questo ateo una piattaforma? Ciò significa che sei colpevole come lui.” Ciò avrebbe potuto avere conseguenze molto negative per lui, come è successo a un altro conduttore egiziano che aveva ospitato una persona gay ed è finito in prigione per questo».
Sì, in prigione, perché la persecuzione contro le minoranze in Egitto è così estrema che riconoscere la loro esistenza può essere interpretato dalle autorità conservatrici come una normalizzazione e quindi un sostegno e quindi un reato. Mohamed, che è sia ateo sia gay, per 26 anni ha dovuto nascondere entrambe le identità. Ma l’11 febbraio 2018 decise di uscire allo scoperto con il suo ateismo – dal momento che rivelare entrambi gli avrebbe portato probabilmente un contraccolpo ancora peggiore.
“Volevo solo normalizzare l’ateismo”
Perché Mohamed ha deciso di parlare, pur sapendo che avrebbe potuto mettere a repentaglio la propria vita? La sua risposta è una testimonianza del suo coraggio e forza di volontà:
«All’inizio speravo che qualcuno si sarebbe offerto volontario per andare ma sfortunatamente nessuno voleva, perché è come una missione suicida. Andrai in contro a molti problemi, perdendo la famiglia, il tuo lavoro, avrai problemi legali, ti sarà vietato viaggiare, aggressioni fisiche, ecc. Era tutto sul tavolo ed ho considerato tutte le probabilità. Per me è stata una questione probabilistica. Tuttavia, ho sentito che meritavamo una possibilità. Che la nostra comunità di liberali egiziani ed ex musulmani meritasse una possibilità. […] E questa possibilità meritava un sacrificio».
“Noi atei egiziani ci parliamo in inglese”
Durante la nostra nuova intervista Mohamed parla di ciò che è accaduto dopo che il video è diventato virale online. L’esposizione internazionale è stata in qualche modo utile, ha detto, perché ha contribuito a mettere sotto pressione il governo che a quel punto non poteva arrestarlo senza provocare uno scandalo internazionale.
Tuttavia, una notte la polizia egiziana bussò alla sua porta e perquisì la sua casa. Hanno anche guardato le conversazioni su WhatsApp, erano piene di contenuti atei e blasfemi ma non capivano quello che stavano leggendo perché era tutto in inglese, persino le conversazioni con i suoi amici egiziani:
«La polizia è arrivata e ha persino cercato il mio telefono. Ma per fortuna non capivano l’inglese. Il mio telefono era davvero pieno di materiale ateo ma ho tenuto tutto in inglese, anche la mia chat con i miei amici egiziani. Non so chi abbia inventato il rituale ma lo facciamo per due motivi. Il primo è la privacy: se ti trovi in una situazione in cui qualcuno legge i tuoi messaggi è più difficile per loro capire cosa stanno leggendo perché molte persone in Egitto non sono brave con l’inglese. L’altra ragione invece è per migliorare l’inglese».
“Avevo davvero bisogno di aiuto e la tua organizzazione me lo ha offerto”
C’è un momento durante l’intervista in cui il volto di Mohamed cambia e la sua voce diventa più scura. È quando parla dei giorni in cui si è preparato a lasciare l’Egitto:
«Ho iniziato ad organizzarmi per lasciare il paese. In questo periodo avevo davvero bisogno di aiuto finanziario e logistico. Molte persone offrirono aiuto. La tua organizzazione mi ha offerto aiuto, clandestinamente, presentandomi alle persone occidentali in Egitto che potevano aiutarmi. E per fortuna l’hanno fatto».
L’11 maggio, dopo un lungo e travagliato viaggio attraverso l’Asia e il Sud America, Mohamed arrivò in Germania e la sua prima reazione fu di grande sollievo:
«Ero euforico. Ovviamente entri nel sistema. Gli agenti di polizia ti cercano, ti spogliano nudo e aspetti otto ore su una panchina. Fa parte del processo. Ho trascorso una settimana in un campo profughi all’interno dell’aeroporto prima di essere ammesso nel paese. A quel punto ho pensato: “OK, ora sono in Germania, la terra della libertà” ma ho fatto l’errore di parlare con altri rifugiati del motivo per cui ero lì. Ne ho subito le conseguenze, tra cui molestie fisiche e verbali».
In Egitto, Mohamed lavorava come ingegnere elettrico. Adesso, in Germania, ha dovuto ricominciare tutto da capo. È tornato a scuola per studiare il tedesco. Sta condividendo una stanza con una persona in una situazione simile. Ma ora si sente libero e sicuro, non vede l’ora di imparare il tedesco, trovare un lavoro nel settore IT e iniziare uno spettacolo LGBT in arabo progettato per supportare le persone LGBT in Egitto e nel Medio Oriente.
“Mi spezza il cuore leggere cosa sta succedendo a Sherif Gaber”
Eppure, sa di essere stato fortunato a sopravvivere. La comunità umanista internazionale lo ha aiutato ma Mohamed non ha dimenticato il suo caro amico Sherif Gaber, l’ateo YouTuber che si sta nascondendo dalla polizia:
«La situazione di Sherif è la peggiore. Attualmente è condannato al carcere ma per fortuna è ancora nascosto. Ho sentito molte voci riguardo alla sua cattura ma spero che questo non sia vero. Mi spezza il cuore anche solo passare attraverso il suo Twitter».
Humanists International sta seguendo da vicino il caso di Sherif Gaber come parte della nostra campagna per la protezione degli umanisti a rischio, sostenendo le persone non religiose che affrontano minacce di violenza o azioni penali nei paesi di tutto il mondo che sono ostili alla libertà di pensiero.

Grazie in parte al nostro sostegno e al nostro lavoro di Humanists At Risk, sono stati raggiunti due successi molto importanti: la liberazione di Mohamed Cheikh Ould Mkhaitir dopo 6 anni di detenzione in Mauritania con l’accusa di apostasia; il salvataggio di Gulalai Ismail, attivista umanista e femminista che si è nascosta alle autorità pakistane per 11 mesi per il suo attivismo per i diritti umani.
Stiamo facendo del nostro meglio per aiutare gli atei e gli umanisti a rischio in tutto il mondo. Se vuoi contribuire alla causa, ti preghiamo di aiutarci facendo una donazione per la nostra campagna: #HumanistsAtRisk. Il direttore delle comunicazioni e campagne di Humanists International, Bob Churchill, commenta: «Incredibilmente, e ovviamente non richiesto, lo stesso Mohamed Hisham ha fatto una donazione alla raccolta fondi Humanists At Risk dopo questa intervista. Ne siamo rimasti davvero commossi in ufficio. É un sollecito per gli umanisti di tutto il mondo, dobbiamo difendere coloro che sono meno fortunati di noi».