X come tabù, come il punto dove scavare in una mappa e far venire a galla chissà quali segreti, X come due strade che si incrociano o come una farfalla stilizzata. Già, una X può significare una di queste cose e al contempo rappresentarle tutte.
Un romanzo catartico che immette il lettore in un dialogo (ipotetico) epistolare tra l’autrice e suo fratello con cui non parla da anni. Un discorso che nasce dall’esigenza di liberarsi dalle ingiustizie che la vita ti può presentare. Anche se, ripensandoci bene, forse il sostantivo “ingiustizia” non basta per descrivere quanto riportato da Valentina Mira nel suo romanzo/lettera. Sarebbe meglio dire, invece, violenza. Una violenza che si presenta sotto varie forme: stupro, ricatti, molestie e abusi sessuali sul luogo di lavoro e, a livello macro, brutalità del sistema economico e di conseguenza, del mercato del lavoro. Tutto è ridotto a merce incluse le carni umane e, quando si tratta di quelle femminili, diventano un oggetto su cui sfogare tutta la violenza introitata e inconscia delle menti maschili.
X di Valentina Mira, Fandango Libri, 2021.
Come già detto, un romanzo catartico per denunciare uno stupro che non è stato denunciato; per uscire dal silenzio e liberarsi dal veleno che inevitabilmente si accumula dentro quando il male si avvinghia su di una persona che non ha trovato aiuto né giustizia; per cercare di ristabilire un ordine e un senso agli eventi ostacolati dall’indifferenza e solitudine delle società Occidentali; per riuscire a trovare la libertà perdonando suo fratello e andando avanti con la propria vita.
Tuttavia, secondo me, questo romanzo rappresenta anche un avvertimento verso tutti noi, inconsapevoli di quanto la nostra società sia ancora pervasa da una cultura moralista e machista che infetta le nostre menti e quelle delle persone a noi più vicine.
Lo stupro che Valentina Mira subisce all’età di diciotto/diciannove anni da parte di un ragazzo con la testa piena di ideologia neofascista è di certo il prodotto di una cultura violenta, maschilista e, forse, anche misogina ma sarebbe un errore relegarla esclusivamente all’interno di movimenti o partiti come quelli di CasaPound. Infatti, per quanto terribile e sconvolgente sia stata quest’esperienza, l’autrice si accorge ben presto che lo stupro, purtroppo, non è la cosa peggiore che le potesse capitare. A quello segue la totale insensibilità e inettitudine delle forze dell’ordine, l’incomunicabilità con una madre catto bigotta che, considerando il sesso sbagliato a prescindere, avrebbe inevitabilmente etichettato la figlia come troia; la mancanza di solidarietà da parte di un fratello plagiato dall’amico (molto probabilmente perché affascinato dalla cultura neofascista di cui l’amico era portatore) pur sapendo la verità, negandola o sminuendola. Tuttavia, al peggio non c’è mai fine come si suol dire. La maturità di Valentina viene “battezzata” con un fatto criminale gravissimo, sintomo di una società malata. Lo stupro viene a rappresentare casualmente una sorta di rito di passaggio verso un sistema basato sulla violenza. L’autrice passa da una realtà felicemente normale ad una cinica in cui gli stupri continuano sotto forme più subdole e socialmente accettate. Lo stupro di una generazione, dei cosiddetti “boomer”, lo stupro dei laureati sfruttati e sottopagati che svolgono lavori umili e incoerenti con il proprio percorso formativo e, infine, lo stupro delle pari opportunità che vedono le donne faticare di più degli uomini per avere le stesse opportunità e vengono tenute sotto ricatto dal boss di turno il quale, non di rado, usa la propria posizione di potere per molestarle sessualmente. Tuttavia, come già detto all’inizio, la X può essere vista anche come una farfalla. Nonostante le avversità, il bruco continua la sua evoluzione trovando un’altra dimensione in cui vivere. La «sorellanza batte cameratismo mille milioni a zero. […] La fratellanza spacca, se trovi i compagni giusti, quelli che rifiutano la legge del più forte e, al contrario, si rivendicano l’unico tipo di violenza veramente giusto: la resistenza». Ed ecco di nuovo il grande assente che (se si è fortunati) ricompare, come per magia, nei momenti più bui per lenire le pene e cercare di guarire una società malata alle sue radici, l’amore. Potrà, forse, sembrare stucchevole ma è solo tramite esso (in una forma scevra da moralismi religiosi) e la resistenza verso i soprusi (unica forma tollerabile di violenza) che avvengono i mutamenti. Le parole dell’autrice lo spiegano molto meglio di me: «posso dirti che non ci sono mele marce, che è marcio l’intero frutteto, al punto che le poche mele sane vengono intaccate, ridotte al silenzio, e marciscono anche loro. Posso dirti che sotto la mia, di X, ci ho trovato montagne di dolore, ma anche una forma di amore sconfinato che è l’essere compagne e compagni, una nuova sorellanza e fratellanza, spurgata dall’ipocrisia cattolica, niente ruoli, niente Adamo ed Eva, niente Caino e Abele».
FRASE PREFERITA
«È strano il meccanismo della proiezione: odiamo di più gli altri, quando ci mostrano parti di noi che vorremmo dimenticare».